TURCHIA-PALESTINA [di Daniele Santoro] 20 maggio Limes
Il quotidiano turco Yeni Şafak, di orientamento filogovernativo,
ha rivelato che Ankara ha proposto informalmente al governo palestinese di siglare un accordo per la delimitazione delle frontiere marittime tra la costa anatolica e la Striscia di Gaza. Ad avanzare la proposta informale è stata l’ammiraglio in congedo Cihat Yaycı, teorico della Patria blu insieme al più celebre Cem Gürdeniz e come quest’ultimo senza incarichi ufficiali, per quanto molto vicino al presidente Recep Tayyip Erdoğan.
Perché conta: È una provocazione volta a testare la reazione degli altri attori.
Il modello cui Ankara farebbe eventualmente ricorso è naturalmente quello già sperimentato nelle intese con Tripoli del 2019 e con la Repubblica Turca di Cipro Nord del 2011, di cui Yaycı è stato architetto. Come i precedenti, sarebbe dunque un accordo con se stessa, data l’evanescenza della controparte. Un test per valutare la propria presa sul governo palestinese, già membro del Forum sul gas a guida greco-israeliana, e la sostenibilità degli approcci filoisraeliani dell’Egitto e delle monarchie del Golfo. Per i quali non sarebbe semplice opporsi a un accordo che garantirebbe diritti di sfruttamento marittimo ai palestinesi. Soprattutto dopo che Il Cairo
ha riconosciuto di fatto l’intesa Turchia-Tripoli.
La mossa turca rivela inoltre una stringente manovra a tenaglia sullo Stato ebraico, vera posta in gioco dell’offensiva diplomatica. A dicembre 2020 Yaycı aveva proposto un’intesa analoga Israele. Respinta al mittente perché avrebbe “cancellato” Cipro, la cui Zona economica esclusiva sarebbe di fatto stata assorbita da quelle turca e israeliana. Sancendo la recisione della continuità acquatica tra Israele
e Grecia garantita dall’avamposto ellenico nel Mediterraneo orientale.
La dinamica rivela l’approccio che muove la proiezione della Turchia nel Mediterraneo orientale, fondata sulla creazione di zone d’interdizione volte a spezzare fisicamente gli assi ostili alla propria egemonia regionale e a coinvolgere nel proprio progetto le potenze litoranee.
Il caso dell’Egitto è emblematico. Ankara è riuscita a suscitare nel Cairo l’interesse a riconoscere implicitamente l’accordo turco- tripolino permettendogli di rientrare in Tripolitania, pacificando il disastro libico. Con l’obiettivo di indurre al-Sisi a siglare un accordo bilaterale per la delimitazione delle frontiere marittime che renderebbe obsoleto quello greco-egiziano, garantirebbe all’Egitto una quota maggiore di acque e di risorse e porrebbe le basi per una proficua cooperazione energetica tra i due giganti regionali.
Con Israele la Turchia si propone di adottare un approccio simile, riflesso dalla disponibilità a dialogare con Ankara nel Mediterraneo orientale espressa a più riprese dal ministro dell’Energia Yuval Steinitz e dal primo ministro Benjamin Netanyahu. Il primo era stato anche invitato a un forum diplomatico in programma a giugno ad Antalya, ma l’invito è stato naturalmente annullato dopo l’inizio del conflitto.
A conferma del fatto che può cambiare l’interlocutore – libico, egiziano, israeliano, palestinese – ma l’obiettivo di fondo della Turchia resta Cipro, fulcro inaggirabile della strategia mediterranea di Ankara. Di conseguenza, l’isolamento della Grecia. I diretti interessati lo sanno perfettamente, tanto che tre giorni dopo la proposta di Yaycı ai palestinesi il ministro degli Esteri greco Nikos Dendias si
è precipitato a Gerusalemme e Ramallah per ottenere rassicurazioni. È improbabile che la Turchia riesca a stringere un accordo con israeliani e/o palestinesi nell’immediato, anche perché l’intesa
riguarderebbe un tratto di costa controllato da Hamas ma rivendicato dall’Autorità nazionale palestinese. L’eventuale accordo con i palestinesi verrebbe annullato o inglobato da uno successivo con Israele, che dovrebbe garantire a Ramallah e Gaza parte dei benefici derivanti dall’accordo con Ankara. Il rifiuto israeliano della prima offerta turca non esclude ulteriori negoziati.
La reazione greca conferma che i turchi continuano con successo a dettare l’agenda mediterranea. Mentre stringono il mirino su Cipro. Per approfondire: La meta della marcia turca nel Mediterraneo