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Corte di Cassazione.

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ORDINANZA sul ricorso iscritto al n. 21113/2016 R.G.

proposto da Avv. .  

- contro *** S.p.A.controricorrente-

e contro ** S.p.A  controricorrente-

avverso la sentenza della Corte d'appello di Milano, n. 574/2016, depositata il 16 febbraio 2016; Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 4 maggio 2018 dal Consigliere Emilio Iannello.

Rilevato in fatto

1. L'Avv* conveniva in giudizio, avanti il Tribunale di Milano, chiedendone la condanna in solido al risarci** e ** per il risarcimento dei danni, patrimoniali e all'immagine, discendenti dal mancato o inesatto inserimento dei propri dati identificativi nelle guide cartacee * e negli elenchi on-line per gli anni 2005 e 2006. Instaurato il contraddittorio il tribunale, con sentenza del 30/11/2011, rigettava le domande nei confronti di entrambe le convenute ritenendo:

a) sussistente la responsabilità contrattuale di * limitatamente all'anno 2005;

b) insussistente alcuna responsabilità, né contrattuale né extracontrattuale, in capo a **;

c) mancante, comunque, la prova del danno.

2. Tale decisione è stata confermata dalla Corte d'appello di Milano che, con la sentenza in epigrafe, ha rigettato l'appello dell'attore

osservando che:

a) la domanda di risarcimento proposta nei confronti di * per l'anno 2006 era fondata sul mancato (e non sull'inesatto) inserimento dei dati identificativi negli elenchi telefonici; il mutamento in tali termini della ragione creditoria comporta inammissibile mutatio libelli, posto che altro è la pubblicazione di dati inesatti,altro l'omesso integrale inserimento del nominativo;

b) quanto a ** non vi era prova che avesse errato a inserire nell'elenco *** informazioni ad essa invece correttamente trasmesse; né poteva ritenersi che avesse espressamente assunto l'obbligo di pubblicare correttamente i dati per l'anno 2006 attraverso le dichiarazioni contenute nella missiva datata 2/5/2005 con cui la società aveva risposto a richiesta di chiarimenti, costituendo — detta lettera — «una risposta automatica, un riscontro della segnalazione» e contenendo tutt'al più «un generico riconoscimento dell'obbligo di conformarsi alle richieste di modifiche»:

c) correttamente è stata ritenuta la mancanza di prova del danno, anche da perdita di chance, atteso che:

— «è impensabile che la scelta del legale avvenga tramite la mera consultazione dei suddetti elenchi, trattandosi di incarichi nei quali la scelta della persona del professionista poggia fondamentalmente sulla fiducia nelle sue qualità professionali, qualità che non si ricavano da un mero elenco alfabetico, richiedendo una conoscenza ben più approfondita e una serie di informazioni assai più complessa»;

— «una volta che si sia in possesso del nominativo del legale, è possibile conoscere i dati che permettono di contattarlo attraverso una richiesta all'ordine degli avvocati, ovvero una consultazione dell'elenco tenuto dall'ordine stesso»; «l'attore si è limitato a produrre alcuni articoli di stampa relativi ad azioni intraprese con successo da associazioni di consumatori, la maggior parte dei quali neppure contiene menzione dello studio dell'attore»;

— non è nemmeno predicabile uno sviamento di clientela in difetto di prova dei relativi presupposti, «non automaticamente ricollegabili allo sviluppo del contenzioso relativo alla causa intentata dai consumatori, non essendovi concreti e specifici elementi per far ritenere che i consumatori si sarebbero rivolti all'odierno appellante per la tutela dei propri diritti»;

— l'appellante inoltre non ha prodotto «dccumentazione fiscale inerente ai propri redditi, e neppure una parcella, ovvero qualsiasi altro documento idoneo ad indicare la remunerazione della sua attività»;

d) «difettano quindi gli elementi per la liquidazione equitativa», presupponendo questa la sussistenza del pregiudizio e l'impossibilità di dimostrare il danno.

3. Avverso tale decisione l'Avv. * propone ricorso per cassazione con quattro mezzi, cui resistono entrambe le società intimate, depositando controricorso. Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 380-bis.1 cod. proc. civ..

Considerato in diritto

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta, sotto vari profili censori, ricondotti alle previsioni di cui ai nn. 3 e 5 dell'art. 360 cod. proc. civ., che erroneamente la Corte d'appello ha ritenuto costituire mutatío libelli ovvero domanda nuova il riferimento alla inesattezza dei dati pubblicati nell'elenco PB dell'anno 2006. Rileva che:

— il petitum originario è identico a quello oggetto delle domande precisate nel corso del giudizio di primo grado e con l'atto d'appello: si è sempre trattato della richiesta di risarcimento del danno conseguente all'inadempimento di * e di ** all'obbligo di pubblicare correttamente il nominativo del ricorrente sugli elenchi telefonici;

— la causa petendi non è basata su di un fatto costitutivo radicalmente differente, trattandosi sempre dell'inadempimento della resistente alla corretta pubblicazione dei dati identificativi;

— non è stato quindi introdotto alcun nuovo tema di indagine che possa aver disorientato la controparte e alterato il regolare svolgimento della controversia.

Soggiunge che, peraltro, quella dedotta per l'anno 2006 integra una responsabilità analoga a quella accertata, con decisione passata in giudicato, per l'anno 2005, nel quale l'abbonato risultava inserito nell'elenco come «Florio Lp».

2. Con il secondo motivo il ricorrente — oltre a ribadire le medesime censure anche in quanto rilevanti rispetto alla posizione di * — deduce, ai sensi dell'art. 360, comma primo, nn. 3 e 5, cod. proc. civ.:

a) omesso esame «di una serie di fatti decisivi» con i quali, assume, è stata fornita la prova — che la Corte d'appello ha invece ritenuto mancante — della corretta comunicazione dei dati alla predetta società;

b) violazione ed erronea applicazione degli artt. 1988, 2697 e 2702 cod. civ., per avere la Corte di merito operato una illegittima inversione dell'onere probatorio che sarebbe spettato alla * per effetto della promessa di adempimento contenuta nella missiva del 2/5/2005/inviata in risposta alla richiesta di chiarimenti;

c) erronea interpretazione di tale lettera, in violazione degli artt.1362, 1363 e 1366 cod. civ..

3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia:

a) violazione o «scorretta» applicazione degli artt. 1218, 1223, 1226, 2043 e 2697 cod. civ., con riferimento alla fattispecie del danno da perdita di chance, nonché falsa applicazione dell'art. 112 cod. proc. civ. per non aver deciso sulla domanda proposta dall'appellante;

b) omesso esame di fatti decisivi oggetto di trattazione nel giudizio di merito, dai quali desumere, in termini di ragionevole probabilità, che in assenza della condotta illecita il ricorrente avrebbe conseguito il risultato sperato;

c) violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 1223, 1226, 2043 e 2697 cod. civ., e omesso esame di elementi di fatto decisivi per la decisione della controversia (elementi presuntivi allegati nel corso del giudizio dai quali desumere il nesso causale tra l'illecito e il danno).

Lamenta che la sentenza impugnata, avendo affermato che il danno richiesto non è stato provato stante la mancata dimostrazione della contrazione del fatturato, incorre in violazione dell'art. 112 cod. proc. civ., per non aver deciso in merito alle domande dirette alla liquidazione del danno da perdita di chance, che è fattispecie separata e distinta dal danno da contrazione del fatturato. In subordine, nel caso di diversa lettura della sentenza come riferita anche a tale domanda, lamenta violazione delle norme del codice civile indicate in rubrica, rilevando che il danno conseguente alla mancata acquisizione di nuova clientela è certamente risarcibile e deve essere inquadrato nella fattispecie di matrice giurisprudenziale del danno da perdita di chance.

Lamenta al riguardo omesso esame di elementi offerti allo scopo di dimostrare l'esistenza di tale pregiudizio, quali in particolare: — la circostanza che, negli anni 2005 e 2006, chiunque avesse cercato di contattarlo, si sarebbe trovato nell'impossibilità di reperire il suo recapito telefonico negli elenchi cartacei o on-line suindicati; — dichiarazioni dei testi Avv. * e *, i quali hanno concordemente riferito che, a seguito di lamentele di clienti dello studio, hanno avuto modo di verificare più volte che il nominativo dell'Avv. * non era presente sul sito;

— il fatto documentato e comunque non contestato che, a partire dal 2004, egli seguiva un vasto contenzioso relativo gli scandali finanziari Cirio, Parmalat e Argentina, di cui negli anni in questione numerosi mezzi di informazione hanno riferito, anche evidenziando la positiva conclusione delle cause seguite da esso ricorrente nella provincia di Torino e in tutto il Piemonte, essendo egli uno tra i primi avvocati specializzati ad occuparsi della materia.

A tal ultimo riguardo il ricorrente lamenta in particolare che: — la menzione a tale aspetto dedicata in sentenza «è del tutto generica e inconsistente ed equivale alla mancata considerazione dei fatti allegati»;

— la Corte non ha tenuto conto che si trattava di controversie seriali; i danneggiati erano tutti consumatori, ovvero soggetti che raramente hanno un proprio legale di fiducia e che quindi sono disposti molto facilmente ad affidare gli incarichi al professionista che risulta abbia già riportato successi in casi analoghi; sulla vicenda Wind solo il suo studio aveva seguito la controversia a livello collettivo.

Rileva che l'affermazione contenuta in sentenza secondo cui «è impensabile che la scelta del legale avvenga tramite la mera consultazione dei suddetti elenchi» non calibra l'accertamento del nesso causale al lamentato danno da perdita di chance, il quale impone al creditore solo di provare la presenza di elementi oggettivi dai quali desumere, in termini di ragionevole probabilità, che in assenza della condotta illecita avrebbe conseguito il risultato sperato da essa invece impedito.

4. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia infine violazione e falsa applicazione dell'art. 1226 cod. civ., per la mancata liquidazione equitativa del danno conseguente alla mancata acquisizione di nuova clientela e del danno all'immagine.

5. È fondato il primo motivo di ricorso. Non può dubitarsi infatti che l'allegazione della omessa pubblicazione dei dati identificativi negli elenchi telefonici, cartacei o on line, comprenda anche quella della inesatta loro indicazione, come il più comprende il meno, trattandosi di specificazione che incide al più sulle concrete modalità di verificazione del fatto posto a base della pretesa risarcitoria, ma che non ne muta la sostanza e l'identità ai fini della pretesa risarcitoria, essendo del tutto evidente che, ai fini del dedotto pregiudizio, nessuna differenza intercorre tra la mancanza totale del dato e la sua difformità al reale, il risultato essendone in entrambi i casi che il dato esatto non è reperibile nell'elenco.

Affermando il contrario la Corte d'appello incorre pertanto nel denunciato error in procedendo, avendo per tale ragione erroneamente considerato mutatio libelli quella che costituiva mera emendatio, come tale consentita nella memorie ex art. 183, comma sesto, cod. proc. civ..

6. È anche fondato il secondo motivo, nella parte in cui lamenta violazione delle norme di ermeneutica contrattuale in relazione all'interpretazione della missiva del 2/5/2015 (integrante ratio decidendi subordinata in sentenza ma che assume ora rilevanza argomentativa prioritaria in conseguenza dell'accoglimento del primo motivo di ricorso).

A fronte del chiaro tenore di tale lettera, testualmente trascritta in sentenza («Facciamo seguito alla Sua richiesta, per comunicarLe che abbiamo provveduto all'esecuzione della stessa. Relativamente all'accoglimento della modifica sui nostri prodotti, La informiamo che la stessa sarà recepita sui supporti on-line nel giro di qualche giorno, mentre per i volumi cartacei sarà necessario attendere la stampa della prossima edizione ...»), l'affermazione contenuta in sentenza — secondo cui «la comunicazione sembra una risposta automatica, un riscontro della segnalazione, e non è dato legger di una promessa di adempimento, bensì, al più, un generico riconoscimento dell'obbligo di conformarsi alle richieste di modifiche, che si assume già assolto» — si appalesa, oltre che intrinsecamente contraddittoria, priva di costrutto argomentativo, elusivo dei criteri legali di interpretazione degli atti negoziali e, segnatamente, di quello prioritario di cui all'art.1362 cod. civ., della interpretazione letterale.

Appare infatti del tutto trascurato l'inciso, centrale nella detta comunicazione, e di inequivoco significato letterale, ove si afferma che (la richiesta modifica) «sarà recepita sui supporti on-line nel giro di qualche giorno, mentre per i volumi cartacei sarà necessario attendere la stampa della prossima edizione».

Il motivo invece non può essere accolto nella parte in cui con esso si lamenta omesso esame di fatti decisivi (dai quali dovrebbe desumersi che, diversamente da quanto ritenuto in sentenza, * aveva ricevuto dallo stesso ricorrente o da ** dati corretti che avrebbero consentito l'esatto inserimento dei dati personali identificativi nei propri elenchi on-line o cartacei) ) difettando la censura di autosufficienza per mancata idonea indicazione in ricorso  di atti e passaggi relativi.

7. È fondato anche il terzo motivo, nella parte in cui con esso si lamenta, in sostanza, l'adozione di erronee premesse definitorie circa la consistenza del danno da perdita di chance e i relativi oneri probatori, derivandone anche la fondatezza del quarto motivo, suscettibile di esame congiunto in quanto strettamente consequenziale.

Secondo costante insegnamento di questa Corte , il danno patrimoniale da perdita di chance consiste non nella perdita di un vantaggio economico, ma nella perdita definitiva della possibilità di conseguirlo, secondo una valutazione ex ante da ricondursi, diacronicamente, al momento in cui il comportamento illecito ha inciso su tale possibilità in termini di conseguenza dannosa potenziale (Cass. 17/04/2008, n. 10111).

Presupposto ed essenza stessa di tal genere di danno è dunque l'incertezza, ossia l'impossibilità di affermare con certezza che, se lo stesso non si fosse prodotto, il vantaggio economico avuto di mira si sarebbe oppure no conseguito, essendo il danno per l'appunto rappresentato dalla definitiva perdita della possibilità di conseguirlo (la cui affermazione dovrà comunque rispondere ai parametri della apprezzabilità, serietà, consistenza).Incoerenti rispetto a tale premessa definitoria — e dunque erronee in iure — si appalesano le motivazioni che nella sentenza impugnata sono poste a fondamento della decisione di rigetto anche di tal voce di danno (pur espressamente presa in considerazione), laddove in particolare esse argomentano sulla mancanza di «concreti e specifici elementi per far ritenere che i consumatori si sarebbero rivolti all'odierno appellante per la tutela dei propri diritti», posto che proprio l'incertezza sul punto, in un senso o nell'altro, definisce la chance di cui si lamenta la perdita.

Mette conto peraltro in tema ricordare che, in fattispecie analoghe, questa Corte ha già più volte affermato che «quello che rileva in caso di mancato o inesatto inserimento nell'elenco telefonico non è tanto la possibilità di continuare ad essere contattati da clienti già acquisiti, quanto il fatto di non poter essere contattati da nuova clientela, rispetto alla quale nessuna prova della "perdita" può essere pretesa, se non in termini di "possibilità" e perdita di chance, suscettibile anch'essa di valutazione equitativa» (Cass. 04/08/2017, n. 19497), non mancandosi di osservare che tale diritto ha, «in tutta evidenza, maggiore pregnanza allorquando l'utenza telefonica afferisca ad un'attività professionale o commerciale» (Cass.03/08/2017, n. 19342). Né l'esistenza del danno può essere negata per il solo fatto — rilevato dalla Corte territoriale — che non siano stati depositati documenti fiscali a dimostrazione del decremento reddituale tale omissione può certamente incidere sulla liquidazione del risarcimento, ma non consente di escludere che un danno vi sia comunque stato e che possa essere liquidato in via equitativa (Cass.n. 19497 del 2017, cit.).

8. Nei termini e nei limiti sopra esposti il ricorso merita pertanto accoglimento; la sentenza impugnata va pertanto cassata, con rinvio al giudice a quo, al quale va anche demandato il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M. accoglie il ricorso; cassa la sentenza; rinvia alla Corte d'appello di Milano i in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso il 4/5/2018.