I Saharawi attendono da decenni il referendum per la loro autodeterminazione, che presumibilmente porrebbe fine all'occupazione marocchina del Sahara, tuttavia nella loro guerra sotto traccia all'Algeria sostengono le simili rivendicazioni di gruppi minoritari algerini.
MAROCCO E CABILIA [di Alessandro Balduzzi] da Limes 20 Luglio
L’Algeria ha richiamato in patria per consultazioni il proprio ambasciatore a Rabat dopo che il rappresentante permanente del Marocco presso le Nazioni Unite si è espresso a favore dell’autodeterminazione per la regione algerina della Cabilia.
Perché conta: Si tratta di un nuovo set della partita tra Marocco e Algeria avente come pomo della discordia il Sahara occidentale. Negli scorsi mesi non sono mancati i momenti di attrito, come la disputa territoriale legata ai palmeti contesi di Figuig. Ora la congiuntura è ancor più delicata e la tempistica della mossa marocchina tutt’altro che casuale. In questo quadro si inserisce infatti il gelo calato tra Marocco e Spagna dopo che a maggio quest’ultima ha ospitato per cure mediche Brahim Ghali – leader del movimento indipendentista saharawi Polisario, il cui principale sostenitore è proprio l’Algeria – e Rabat ha risposto allentando i controlli sui migranti diretti verso l’exclave spagnola di Ceuta. Non si sono però fermate qui le contromisure marocchine: a giugno vari media hanno riferito che il re Mohammed VI aveva sospeso la trattativa con Madrid per rinnovare la concessione della sezione marocchina del gasdotto Maghreb-Europa, che connette il gas algerino alla penisola iberica. Questo apparente vantaggio di Rabat si è rivelato tuttavia temporaneo.
Solo pochi giorni fa, infatti, la spagnola Naturgy e la compagnia energetica statale algerina Sonatrach hanno deciso di ampliare del 25% la capacità di Medgaz, il gasdotto che collega Spagna e Algeria bypassando appunto il Marocco e tutelandosi quindi laddove quest’ultimo decidesse di non rinnovare la citata concessione per il Maghreb-Europa.
Vistasi assediata tanto dai vicini orientali quanto dai dirimpettai iberici, Rabat ha pensato di sfoderare un’arma per lei inedita come quella del sostegno all’autodeterminazione cabila. Ulteriori dettagli che arricchiscono lo scenario dell’iniziativa marocchina sono il recentissimo insediamento ad Algeri di un nuovo esecutivo (quindi anche del neo ministro degli Esteri Ramtane Lamamra), la classificazione in maggio da parte delle autorità algerine del Movimento per l’autodeterminazione della Cabilia (Mak) come organizzazione terrorista e il fatto che il movimento dei non allineati – durante una riunione del quale si è appunto espresso l’ambasciatore marocchino Omar Hilal – è stato a lungo un bacino privilegiato di alleanze per l’anti-imperialista Algeria reduce dalla guerra contro il colonizzatore francese.
Rabat vuole ribadire la propria posizione di vantaggio, visto che il controllo marocchino sul Sahara occidentale è stato ufficiosamente sdoganato a suon di aperture di consolati e con il silenzio assenso dell’amministrazione Biden. Un’ultima nota (stonata) riguarda il suo sedicente appoggio all’autodeterminazione di una regione berberofona. Un moto di protesta a forte connotazione identitaria oltre che sociale quale è l’Hirak nato nella regione amazigh marocchina del Rif non ha infatti goduto della medesima accoglienza da parte delle autorità del Regno. Insomma, forte il sospetto che quella di Rabat verso la Cabilia altro non sia che carità pelosa.
Per approfondire: Qualche progresso culturale, nessun progresso politico: i berberi 40 anni dopo la primavera di Cabilia