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Cass. Penale Sez. 4 ,Sent.Nr. 9171 Anno 2018

Presidente: PICCIALLI PATRIZIA. Relatore: NARDIN MAURA. Data Udienza: 15/11/2017

-omissis-


1. Con ordinanza del 7 febbraio 2017 la Corte di Appello di Palermo ha respinto l'istanza  di restituzione in termini presentata dal difensore di ** e **  al  fine di proporre impugnazione avverso la sentenza del Tribunale di Sciacca in composizione monocratica, resa in data 9 luglio 2015.
2. Il provvedimento- premesso che l'istanza era stata presentata per avere i due precedenti difensori degli imputati proposto impugnazione con due giorni di ritardo rispetto al  termine processuale, evidentemente sulla base dell'interpretazione analogica del disposto dell'art. 155 cod. proc. civ.- ha respinto la richiesta rilevando che essa era inerente il merito della pronuncia di inammissibilità per tardività dell'impugnazione, resa dalla stessa Corte di appello in data 9 gennaio 2017 e che la negligenza del difensore nel proporre impugnazione e
non integrava, in ogni caso, l'ipotesi di caso fortuito o forza maggiore. a

3. I ricorrenti propongono, a mezzo del loro difensore, ricorso avverso l'ordinanza affidandolo a due motivi. 
4. Con il primo motivo si dolgono denunciano la violazione di cui all'art. 606, comma lett. c) in relazione agli artt. 175 e 177 cod. proc. pen., per avere la Corte palermitana, in violazione del principio di tassatività deciso de plano pur se il procedimento per la restituzione del termine non prevede alcun rinvio all'art. 127 cod. proc. pen..
5. Con il secondo motivo censurano l'ordinanza ex art. 606, comma 1", lett. c) per non avere ritenuto la sussistenza del caso fortuito, pur essendo chiaro che i difensori dell'epoca avevano computato il termine di 90 giorni fissato dal giudice per il deposito della motivazione e
non in giorni, ma in mesi, sicché la scadenza dei 45 giorni per la proposizione o dell'impugnazione sarebbe intervenuta il 23 novembre, giorno nel quale era stata proposta. 
Osservano che, dunque, la Corte territoriale avrebbe motivato la decisione sull'interpretazione analogica data dai difensori in ordine al disposto dell'art. 155 cod. proc. civ., nonostante la questione non fosse stata posta. Rilevano, in ogni caso, la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 172 cod. proc. pen. nella parte in cui, in violazione dell'art. 3 Cost., escluderebbe la proroga dei termini che scadono di sabato al primo e giorno non festivo. 
6. Con requisitoria scritta il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione ha chiesto il rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La questione posta dal primo motivo è stata risolta da una pronuncia dalle Sezioni Unite, secondo cui "Nel procedimento per la restituzione in termini, sulla relativa istanza il  giudice competente provvede "de plano", a meno che non sia in corso un procedimento
principale con rito camerale, nel qual caso sulla predetta istanza decide nelle medesime forme. (In motivazione la Corte ha precisato che la procedura "de plano" si giustifica per la mancanza di un espresso richiamo nell'art. 175, comma quarto, cod. proc. pen. alle forme di cui all'art. 127 cod. proc. pen.)." (Sez. U, n. 14991 del 11/04/2006 - dep. 28/04/2006, De Pascalis, Rv. 23341801). L'orientamento è stato sostanzialmente confermato dalla giurisprudenza successiva (cfr. ex multis, da ultimo Sez. 4, Sentenza n. 4660 del 16/01/2015; Sez. 3,
Sentenza n. 5930 del 17/12/2014; Sez. 6, Sentenza n. 18240 del 16/04/2013; Sez. 5, Sentenza n. 13290 del 10/02/2011).
2. Nel caso di specie non si versava in un'ipotesi di procedimento in corso da trattarsi con rito camerale, ma di un procedimento iniziato ex novo, proposto dopo la decisione della medesima Corte di Appello, che dichiarava l'inammissibilità dell'impugnazione per tardività
dell'appello, con la conseguenza della correttezza dell'adozione della procedura de plano.
3. L'ulteriore questione- di cui al secondo motivo- è manifestamente infondata.
4. Va, innanzitutto, rilevato che la decisione sulla rimessione in termini oggetto del presente ricorso è stata assunta da giudice funzionalmente incompetente.

5. A fronte della pronuncia resa dalla Corte di Appello di Palermo in data 9 gennaio 2017, con cui l'appello veniva dichiarato inammissibile per tardività, l'unico strumento di impugnazione era il ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 175, comma quarto cod. proc. pen., essendo il giudice competente a decidere sulla restituzione nel termine, il giudice dell'impugnazione nell'ipotesi di sentenza, o quello dell'opposizione in ipotesi di decreto di  condanna. In nessun caso, infatti, è ammessa la decisione da parte del giudice che con la sentenza, concludendo la fase processuale svoltasi avanti a lui, si è spogliato del processo.
6. La Corte di Appello, dunque, allorquando è stata proposta istanza di restituzione in termini, dopo la pronuncia della sentenza con cui l'appello veniva dichiarato inammissibile per tardività avrebbe dovuto, applicando l'art. 568 ultimo comma, seconda parte, cod. proc. pen.,
in via analogica, trasmettere gli atti alla Corte di Cassazione. La ratio è, infatti, certamente la medesima trattandosi semplicemente di rimettere al giudice competente per la decisione l'istanza presentata al giudice funzionalmente incompetente, nel rispetto del canone generale dell'economia processuale (cfr., seppure risalente, Cass. Sez. 5, n. 310 del 01/02/1995 - dep.23/02/1995, secondo cui "In applicazione analogica dell'art. 568, ultimo comma, secondo a periodo cod. proc. pen., la presentazione di un'istanza di restituzione in termini ad organo incompetente non costituisce causa di inammissibilità, ma comporta solo l'obbligo di rilevare la propria incompetenza e di trasmettere gli atti al giudice competente."). 
7. Fatta questa premessa la questione va decisa nel merito,occorre, preliminarmente, soffermarsi sulla pretesa non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 175 cod. proc. pen. in relazione alla disparità di trattamento che sarebbe stata introdotta con l'art. 2 della Legge 28 dicembre 2005 n. 263, con quinto comma che ha esteso l'applicabilità cui è stato aggiunto all'art. 155 cod. proc. civ. ella proroga di cui al comma quarto, prevedendo la postergazione del termine alla prima giornata non festiva anche dei termini con scadenza nella giornata del sabato.
9. La questione è stata affrontata da questa stessa sezione, che con una recente pronuncia ha ritenuto "manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale  dell'art. 172 cod. proc. pen. in relazione alla diversa disciplina dettata dall'art. 155 cod. proc.
civ. - in base al quale il termine stabilito a giorni che scade il sabato è prorogato al primo giorno non festivo - essendo rimessa alla discrezionalità del legislatore ogni valutazione in ordine alla necessità di una disciplina processuale dei termini differenziata, in considerazione dei beni e degli interessi in rilievo nel processo penale, primo fra tutti quello della libertà personale. (Sez. 4, n. 36046 del 09/07/2015 - dep. 07/09/2015, Agasi, Rv. 26441301 ed in precedenza; Sez. 3 n.34877 del 24/6/2010, rv. 248373 e da Sez. 6 del 30/10/2012 n.43459, non massimata).

10. In quell'occasione, si è ricordato che "Nel vigente ordinamento processuale, sia penale che civile (...) il sabato non è un giorno festivo, non ricadendo nel novero dei giorni ("ricorrenze festive") individuati nominativamente come festivi dalla legge (L. n. 260 del 1949, artt. 1 e 2, come modificati dalla L. n. 54 del 1977 e dalla L. n. 792 del 1985)."
11. Ciò significa, nondimeno, che la norma introdotta nel codice di procedura civile all'art. 155, quinto comma, inerente la proroga del termine scadente nella giornata di sabato per "il compimento degli atti processuali svolti fuori dell'udienza" è norma che pur applicandosi nel processo civile a tutti i termini "anche perentori" (cfr. Cass. Civ. Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 23375 del 16/11/2016, Rv. 642024 - 01) e sinanco per i "termini a ritroso" (cfr. Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 21335 del 14/09/2017, Rv. 645702 - 01, secondo cui si anticipa al giorno precedente il sabato il termine di scadenza, nelle ipotesi esso segni l'intervallo minimo prima del quale deve essere compiuta una determinata attività, al fine di non pregiudicare le esigenze garantite), riguarda in modo esclusivo il processo civile, non potendosi  analogicamente estendere una simile scelta ad un sistema processuale, quale quello penale, che ha peculiarità diverse e proprie, inerenti, fra l'altro, non solo i beni che ne formano oggetto, ma altresì -ed in relazione a questi -l'efficacia esecutiva delle sentenze di condanna, e
che nel processo penale divengono esecutive solo laddove irrevocabili, contrariamente a quelle o civili, cui appartiene un regime di immediata esecutività e rispetto alle quali la scelta della postergazione del termini cadente nella giornata del sabato (non festiva) non riveste, pertanto, alcuna incidenza.   
12. D'altro canto, il sesto comma dello stesso art. 155 cod. proc. civ., chiarisce che l'equiparazione del sabato alla domenica non è completa perché, al di là del differimento al primo giorno non festivo del termine scadente il sabato, tutte le altre eventuali attività e
giudiziarie, ivi comprese le udienze, possono essere svolte il sabato, perché si tratta di una giornata che "ad ogni effetto è considerata lavorativa".  
13. La precisazione della norma è importante. Essa determina , infatti, la ratio stessa della disposizione che è quella di una facilitazione dell'attività difensiva, che si giustifica proprio perché il processo civile ha ad oggetto interessi eminentemente privati, che consentono per
questo solo la -seppur breve- dilazione. D'altro canto, l'urgenza (e tale non può mai essere il termine per l'impugnazione, stante l'esecutività dei provvedimenti civili) che si presenta nelle ipotesi in cui siano in gioco interessi di rilievo diverso, quali per esempio, la tutela di soggetti
svantaggiati (come nel caso di persone soggette all'amministrazione di sostegno) o comunque rispetto ai quali sia necessario un intervento immediato del giudice, è assicurata proprio dalla validità, sottolineata dall'ultimo comma, di tutte le attività processuali svolte di sabato.

14. Ecco, allora, che si coglie come la mancata previsione dell'art. 172 cod. proc. pen. di una regola che parifichi il sabato alla domenica, sotto il profilo del differimento dei termini scadenti nelle rispettive giornate, al primo giorno successivo non festivo, non corrisponde
affatto ad un vuoto normativo, che possa colmarsi con una lettura analogica, né ad una scelta diseguale del legislatore che assicura tutele diverse a situazioni identiche, ma alla precisa volontà legislativa di assicurare una disciplina diversa per situazioni processuali del tutto
diverse e non sovrapponibili, quali sono il processo civile e quello penale, anche in relazione al computo dei termini.

15. Resta, a questo punto, da affrontare la questione della configurabilità del caso fortuito o della forza maggiore qualora l'equivoco da cui è scaturito l'errore del parte del difensore, (peraltro diverso) sia dipeso dalla computazione del termine fissato dal giudice per il deposito della motivazione, in mesi anziché in giorni (90), sicché dalla data per il deposito del provvedimento la scadenza dei 45 giorni per la proposizione dell'impugnazione sarebbe intervenuta proprio il giorno nel quale la medesima era depositata (23 novembre).  
La tesi sostenuta dal ricorrente non può trovare accoglimento poiché non costituisce caso fortuito, né tanto meno forza maggiore, la semplice mancanza di diligenza del difensore nell'adempimento del mandato, né è sostenibile che laddove vi sia un errore del difensore
nell'interpretazione della legge processuale ciò possa configurare una causa legittima di restituzione del termine, in quanto la falsa rappresentazione della realtà da ciò indotta, era certamente evitabile con la normale attenzione (sul punto cfr. Sez. 6, n. 3631 del 20/12/2016 - dep. 24/01/2017, Porricelli, Rv. 26973801; Sez. 2, Sentenza n. 16066 del 02/04/2015 Cc. (dep. 17/04/2015) Rv. 263761; Sez. 1 Sentenza n. 1801 del 30/11/2012 Cc. (dep. 15/01/2013 ) Rv. 254211). 

16. Il provvedimento impugnato va, pertanto, annullato senza rinvio, pronunciando nel merito l'inammissibilità delle istanze di restituzione nel termine proposte dai ricorrenti. A ciò consegue la condanna al pagamento delle spese processuali. Nulla sul versamento delle somme in favore della cassa delle ammende, in quanto il provvedimento della Corte d'appello è stato pronunciato da giudice funzionalmente incompetente.

PQM

Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato, decidendo in merito alle istanze di restituzione dei termini, dichiara inammissibili le istanze e condanna gli istanti al pagamento delle spese processuali. Nulla sul versamento delle somme in favore della Cassa delle Ammende.

Cosi deciso il 15/11/2017