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Motori a propulsione ionica

I motori utilizzati nelle missioni spaziali sono quasi tutti a propulsione chimica cioè la spinta è ottenuta dalla combustione di diverse sostanze che vengono espulse a grande velocità dagli ugelli. Questo tipo di motori è in grado di fornire spinte molto intense, ma per brevi periodi di tempo e per questo vengono chiamati sistemi di propulsione di tipo impulsivo. Da non sottovalutare il fatto che in questi brevi periodi vengono consumati enormi quantità di combustibile; l'obiettivo, prefisso da tempo, è quello di trovare altri tipi di propulsione che permettano di ridurre i costi, le dimensioni e le difficoltà delle future missioni interplanetarie robotizzate, per poter raggiungere con meno rischi obiettivi scientifici importanti.

Il 24 Ottobre 1998 segna la data di nascita di un sistema di propulsione spaziale completamente nuovo, anche se teorizzato da lungo tempo: il motore a propulsione ionica a gas xenon ed energia solare, che è stato sviluppato presso la NASA. Questo genere di motori fa parte di una classe di sistemi di navigazione che, oltre ad autoregolarsi, sono concentratori di energia solare.

I motori a propulsione ionica, si differenziano dai precedenti poiché la spinta è fornita da atomi ionizzati e “sparati fuori” da un campo elettromagnetico; questo avviene in maniera continua e la situazione può essere mantenuta per un tempo molto lungo. Inoltre la velocità con cui questi ioni vengono espulsi è molto maggiore di quella dei gas dei motori a reazione di tipo chimico (sono quindi motori con un cosiddetto impulso specifico molto elevato). D’altra parte, essendo gli ioni molto più leggeri, questi motori possono fornire una spinta complessiva molto bassa rispetto a quelli tradizionali.

In definitiva, se i motori chimici forniscono forti impulsi per brevi periodi di tempo, quelli ionici danno impulsi meno potenti ma continuativi, e sono anche più efficienti, e in assenza di attrito, deboli spinte per periodi di tempo prolungati permettono di raggiungere velocità estremamente elevate, il che li rende particolarmente adatti per future missioni a lungo termine.

Tecnicamente il motore a ioni ha un funzionamento molto più lento e progressivo, rispetto al motore a combustione chimica, che si sviluppa nell’arco di mesi o anni, a livelli di spinta molto bassi. La sorgente di energia è separata dal propellente e consiste nell'elettricità in corrente continua, normalmente fornita da pannelli solari fotoelettrici oppure, utilizzando una tecnologia più futuristica, dalla generazione nucleare - termoionica. Il propellente è fatto passare attraverso una corrente ad alta tensione ed un campo elettromagnetico, affinché i relativi atomi siano ionizzati, o messi a nudo delle loro coperture di elettroni; essendo particelle cariche, possono essere accelerate da un intenso campo elettrico fino a una velocità di 40 chilometri al secondo. Il risultato é un impulso specifico che può arrivare fino a 5.000 secondi, 10 volte di più rispetto ai sistemi chimici migliori, nel corso di migliaia di ore.

Come detto prima la spinta reale complessiva, invece di un migliaio di Newton, é generalmente di 18-70 mN nella versione più grande, o di 260 mN in quella più grande ancora che è in corso di sviluppo. Tutto questo significa che il motore a ioni non è quindi adatto per lanci che necessitano di spinte di enorme portata, ad esempio per raggiungere una accelerazione così forte da distaccarsi dalla potente gravità della terra. Comunque, nel vuoto dello spazio, disponendo del tempo necessario, una spinta lenta e prolungata, poco alla volta diventa sempre più grande. Per esempio in assenza di attrito un ragazzo, se continuasse per il tempo necessario, riuscirebbe ad allontanare una grande nave da un molo con la sola spinta del pollice; nello stesso modo la spinta accumulata di un motore a ioni, a distanza di settimane, permette il raggiungimento di velocità ragguardevoli.